Il futuro al centro, partendo dal documento strategico prodotto dal MIMS. Da un lato le parole dell'ex Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini, che parla di una "base per orientare le future politiche per la logistica e la mobilità sostenibile". Dall'altra gli stessi contenuti della pubblicazione, che ci vengono in aiuto per alcune conclusioni relative all'intermodalità.
L'argomento, infatti, sarà sempre più centrale nelle aziende dei trasporti del futuro. Sia perché, da un lato, questa tipologia di trasporto è utile per ridurre le emissioni dannose per l'ambiente, efficientando al massimo il proprio business dal punto di vista economico, e sia perché può rendere sempre più sostenibile l'intero cluster.
Le cifre inserite nel documento strategico "Mobilità e logistica sostenibili" del MIMS sembrano però ritardare lo sviluppo del trasporto intermodale, almeno in Italia. Partiamo da un dato. Per quanto riguarda l'anno 2019, infatti, sono state trasportate 580 miliardi di tonnellate*km, molto al di sopra delle stime disponibili dalle altre fonti. Primo fattore da non sottovalutare: i trasporti rappresentano un settore nevralgico nell'economia di ogni paese.
Passiamo al punto numero due: delle tonnellate citate sopra, l'88% è stato trasportato su strada, il 9% via mare ed il 3% via treno. Qui la chiave di lettura è duplice: in Italia il trasporto merci su strada è talmente radicato dal punto di vista culturale da non vedere altro, oppure ci sono ancora tantissime potenzialità inespresse? Anche qui, il documento elaborato dal MIMS ci viene in aiuto.
Lo sviluppo del trasporto intermodale è sostanzialmente frenato per:
- Distanze e tratte nelle quali è complesso attivare iniziative di cambio modale adeguate.
- L’80% degli addetti alla manifattura in Italia è occupato in uno stabilimento che si trova a meno di 20 km dal casello autostradale più vicino.
- Oltre il 90% degli spostamenti di camion avviene con tragitti inferiori ai 300 km, una distanza per la quale il trasporto ferroviario è difficilmente competitivo.
Diverso è, invece, il discorso se si inizia parlare di trasporti al di fuori dei confini italiani. Qui i porti rappresentano la prima modalità di connessione con l’estero (59%), seguiti dalla strada (30%) e ferrovia (11%). Per le destinazioni europee si preferisce la ferrovia, mentre l'aereo di utilizza soprattutto per le esportazioni extracomunitarie a valore aggiunto.
Se, dunque, da una parte, occorre sempre di più creare una vera e propria dell'autotrasporto attraverso la formazione, orientata a sensibilizzare e ad educare su un tema come quello del trasporto intermodale mettendone in risalto tutti i benefici, dall'altro urgono investimenti importanti in materia di infrastrutture, affinché siano idonee per facilitare questi scambi. Questi potrebbero essere i primi passi per limitare sempre di più il disaccoppiamento tra la dinamica dei traffici delle merci e di quella dell’economia del nostro (bel) Paese.